Considerare la differenza culturale come un problema di genere apre questioni per nulla scontate. La condizione della donna oggi, in particolare nei paesi in via di modernizzazione, è ancora quella della minoranza. Interessante a questo proposito è il movimento di emancipazione attivato da un gruppo di artiste Xhosa – per mezzo della creazione di uno spazio di discussione chiamato female agency and empowerment – nella città di Crossroads in Sud Africa. L’attivismo politico si è concretizzato nel Philani Printing Project: una documentazione della violenza che racconta su cinque magliette le esperienze subite. Indossate secondo la tradizione delle magliette di protesta che erano state donate dagli attivisti contro l’Apartheid alla popolazione del luogo negli Anni Ottanta, riportano slogan che hanno come obiettivo quello di richiamare l’attenzione sulla gender equity e la violazione dei diritti umani nei confronti delle donne. Con questo progetto le artiste parlano a tutte le donne nere africane, che nonostante la fine dell’Apartheid si trovano ancora a lottare contro un mondo che si oppone alla loro emancipazione, e che legge nella convergenza della precedente dominazione bianca-maschile-occidentale e della cultura patriarcale tradizionale africana un tentativo di riaffermazione del machismo di fronte ai mutamenti della modernizzazione e della democratizzazione delle società. L’altra convergenza che la globalizzazione porta con sé e a cui è bene guardare è quella tra politiche femministe e postfemministe, provenienti dalla cultura bianca-occidentale-femminile, e esigenze di emancipazione delle donne nere, che si incontrano e incrociano il loro dissenso attraverso il corpo pubblico della moda: luogo privilegiato dalla modernità per discutere tensioni e nuove istanze di apertura.

Love.Rei Portrature, Sandton, South Africa. Photo: Maatla Seetelo.

 

Saggio tratto da Extended Mind. Viaggio, comunicazione, moda, città, a cura di Carlotta Petracci, anno 2006.