Wilayah Persekutuan, Malaysia. Photo: Deva Darshan.

La proliferazione di spazi interstiziali dai confini instabili, che con la loro crescente complessità raccontano storie fatte di atterraggi, rappresentazioni frantumate, forme di socialità in cui il diletto si sostituisce al contratto, testimoniano l’impossibilità di cogliere un ordine predeterminato in un mondo che non si costruisce più in relazione a una storia lineare ma che si compone a partire dal disordine, dalla disgiunzione e dalla compressione spazio-temporale. I nonluoghi del turismo e del consumo e le “comunità di sentimento” di cui parla Michel Maffesoli, in cui soggetti in movimento e anomici si uniscono orizzontalmente intorno a figure, icone, immagini, cause, in nome della condivisone di un’emozione, sono la traduzione simultanea di quel bisogno di evasione e rinnovato ingresso nel quotidiano, e di quella logica desiderante che motiva, nell’“era dell’acceso”, il passaggio da “un sé autonomo a un sé relazionale” (Rifkin Jeremy, L’Era dell’Accesso, pag.279). Partecipazioni inconsapevoli, incontri effimeri e limitati nel tempo producono slittamenti di senso, assegnando significati “altri” a spazi comunemente considerati ordinari, e testimoniano il ruolo centrale assunto dalla continuità visiva rispetto alla contiguità territoriale (Virilio Paul, in Bonora Paola, Comcities, pag.6).

Kuala Lumpur, Wilayah Persekutuan, Malaysia. Photo: Deva Darshan.

Questo processo di smaterializzazione altera profondamente le percezioni umane e con esse gli scambi tra l’ambiente vitale e l’immaginario mondo del possibile che, sottoposto a un processo di crescita incessante, modifica sensibilmente il discorso sull’appartenenza territoriale che tende ad essere sempre più plurale e disancorata. Dalle reti urbane a Internet, dalla rete autostradale alle reti neurali, sembra infatti che la nostra occupazione principale sia quella della commutazione. Passare freneticamente da un nodo all’altro di una rete e con disinvoltura da una rete all’altra, ci trasforma in “rabdomanti dei labirinti dell’informazione” (Gibson William, Aidoru), net runner che surfano su onde elettromagnetiche in uno stato di costante eccitazione. Ma se l’universo del cyberspazio è territorio ex lege in cui si declinano infinite possibilità di essere e operare, bisogna anche riconoscere che esso cambia il nostro spazio esistenziale “normale” in uno spazio dominato dall’eccesso, dalla quantità e dallo spettacolare diffuso all’interno dell’infosfera comunicazionale. Eppure, come ricorda la pubblicazione di una serie di saggi in occasione del Dutch Electronic Arts Festival, “feelings are always local” e il territorio è un bene collettivo, poiché si costruisce a partire dalla condivisione della tradizione e del vissuto e sulla base di relazioni di prossimità che coinvolgono persone e cose.

Kuala Lumpur, Wilayah Persekutuan, Malaysia. Photo: Deva Darshan.

Il dominio del qui e ora che caratterizza la globalizzazione, se ad un primo sguardo, sembrerebbe privilegiare le relazioni a lungo raggio rispetto a quelle di prossimità, alla luce di una riflessione più approfondita, permette di cogliere un territorio simbolico molto più complesso in cui le relazioni di “vicinato”, che tornano a dominare il quotidiano (Maffesoli Michel, Il tempo delle Tribù), sono manifestazione di una corporeità che si costruisce a partire da sconfinamenti e attraversamenti reali, immaginati o virtuali. L’effetto più originale della globalizzazione infatti non è quello di un’omologazione territoriale, al contrario la forte tensione tra mondializzazione e localizzazione, ossia tra processi di unificazione culturale e pressioni antropofagiche locali, riferiscono di una “poetica del caos” che domina scenari estesi quanto puntuali, che non possono più essere spiegati a partire da una rigida logica dualistica. Abbiamo a che fare con dei flussi di panorami molteplici: etnici, mediatici, tecnologici, finanziari, ideologici (Appadurai Arjun, Modernità in Polvere) che disegnano prospettive paesaggistiche dell’ordine del possibile in ogni luogo, configurando una geografia mutevole e a-centrica composta da realtà dell’ordine del macro e del micro. Linguaggio polifonico e dialogica  (Maffesoli Michel, Il tempo delle Tribù, Canevacci Massimo, Sincretismi), si danno a partire da una “ermeneutica pluralizzante” che segna, come riferisce Zygmunt Bauman, il passaggio dal moderno al postmoderno.

Kuala Lumpur, Wilayah Persekutuan, Malaysia. Photo: Deva Darshan.

Il significante all’interno dell’universo comunicativo massmediatico, pubblicitario, digitale, si svincola dal suo significato, mentre fluttua liberamente nell’etere, attraversa il corpo della terra, fatto di persone, cose e luoghi che, sempre più simili a interfacce, raccontano storie molteplici in cui la distinzione tra reale e immaginario sembra non avere più senso. L’iperconnessione costante rappresenta il tratto più qualificante della contemporaneità e quello che permette di intendere il paradosso del plurale nell’uno, dell’io che comprende il cosmo (De Andrade Oswald, Manifesto Antropofagico, in Canevacci Massimo, Sincretismi, pag.24) e delle realtà locali, siano esse regioni, città, gruppi che si riuniscono intorno a luoghi, la cui unicità non esclude il riferimento alla molteplicità. All’interno del circuito dei mercati globali e della comunicazione, ogni realtà territoriale (come ogni soggetto) può legare il proprio sviluppo a quello di entità lontane quanto contigue, sulla base di interessi condivisi, dimostrando che la vicinanza geografica è sempre meno sinonimo di similarità (Dematteis Giuseppe, in Bonora Paola, Comcities, pag.62).

Tanjung Malim. Photo: Deva Darshan.

Il valore di un luogo si costruisce sul suo “radicamento dinamico” (Maffesoli Michel, Il Tempo delle Tribù), ossia sulla capacità di trasformarsi in nodo o “terminale di molteplici reti” (Fiorani Eleonora, La Nuova Condizione di vita). L’incrocio dei destini disegna una pluralità di mappe, in cui si rendono visibili le zone di interdipendenza e quelle di esclusione, che riferiscono della frammentazione messa in atto dalla globalizzazione e dal libero mercato. Ragionare su base reticolare, se da un lato può offrire delle opportunità inedite sotto il profilo della collaborazione, moltiplicando ricchezze, saperi e potere; dall’altro può innescare processi rovinosi e dinamiche di auto-sfruttamento, indotte da un’ansia produttivistica maturata nel contesto della sfrenata competizione globale.

 

Saggio tratto da Extended Mind. Viaggio, comunicazione, moda, città, a cura di Carlotta Petracci, anno 2006.