Come sostiene Antonio Tursi: “relazioni con il mondo significano relazioni con gli altri e con l’ambiente, relazioni sociali. E sono proprio queste relazioni che costituiscono lo spazio, il quale è perciò un prodotto sociale” (Tursi Antonio, Internet e il Barocco, pag.115). La società come produttrice e prodotto dello spazio si configura come il luogo in cui si negoziano i conflitti dell’arena competitiva globale. Come osserva Eleonora Fiorani: “con la globalizzazione la categoria del luogo muta di senso e di statuto. I luoghi, attraversati dalle reti lunghe del globale, si disfano e si ricostituiscono. Nelle ricerche sociologiche ed economiche giapponesi e inglesi è stato coniato il neologismo “glocale” appunto per indicare lo spazio attraversato dal globale e dal locale che, anche se rimane significativo per chi vi abita, è privato dei nessi col luogo, in cui pure è, e si pone all’interno della globalizzazione dalle cui logiche dipende. Il mutamento delle esperienze territoriali genera a sua volta cambiamenti nelle relazioni sociali e nelle nostre stesse identità. Man mano che il nuovo modo di produrre si disloca e si disperde sul territorio, con esso si sfrangia la nostra vita, che non ha più un ancoraggio nel luogo del lavoro né in quello dell’abitare” (Fiorani Eleonora, in Bonora Paola, Comcities, pag.104).
Il luogo in cui abitiamo, e con esso la nostra soggettività, prende forma in relazione ai movimenti che compiamo, siano essi fisici o virtuali: turismo, diaspore, esilii, internet, pubblicità. Come sostiene Joshua Meyrowitz, è proprio la possibilità e la varietà dei movimenti a determinare il nostro senso del luogo e il nostro andare oltre ad esso (Meyrowitz Joshua, in Tursi Antonio, Internet e il Barocco, pag.132). L’abitare in movimento si realizza nella dimensione glocale, quella del luogo che contemporaneamente riduce e estende la sua territorialità, anche linguistica, dove derive umane e oggettuali quotidianamente costruiscono e distruggono narrazioni, riferendo in tal modo del suo rinnovato carattere non identitario, o più precisamente d’identità molteplice. Il luogo che diviene locale non si dà semplicemente come punto o nodo, bensì come margine, frontiera, posizione, spazio del cammino. Tutto ciò determina un imponente processo di trasformazione soprattutto dei sistemi urbani, che si strutturano a partire dalla discontinuità e interconnessione tra iniziative globali e locali.
Le città oggi specchio dei mutamenti e dei giochi di forza dell’economia globale, si aprono ad imprevedibili esiti, che leggiamo nella decostruzione del loro assetto moderno e nella moltiplicazione di paesaggi di senso e di spazi della socialità. Il passaggio dalla configurazione cittadina a quella metropolitana è segnato da una frammentazione e una proliferazione di panorami non più riconducibili all’idea di unità. Quindi un possibile punto di partenza nell’interpretazione delle trasformazioni socio-economiche e culturali in atto è rappresentato proprio dal territorio deterritorializzato della città contemporanea che, eccedente in immagini, rappresentazioni e percorsi, sembra dimenticare la disposizione armonica di luoghi sedimentati e riconoscibili. L’irrompere della modernità prima e della cultura digitale poi hanno avviato profonde modificazioni nelle quali si rintraccia lo svuotamento di senso delle categorie classiche con le quali venivano interpretate la crescita e lo sviluppo della città “marginalista”.
Mentre la città industriale si struttura intorno al principio meccanico dell’interdipendenza funzionale delle sue parti (il comparto produttivo, gli organismi amministrativi ed economici, i servizi, il tessuto abitativo), la città emergente privilegia le dinamiche di relazione e le logiche di flusso che sconvolgono dall’interno la sua stessa natura. Dice a questo proposito Marshall McLuhan: “La stessa città è storicamente un’arma militare, uno scudo collettivo o un’armatura, un’estensione del castello della nostra pelle. L’agglomerato urbano è stato preceduto dalla fase del cacciatore e del raccoglitore di cibo, e oggi, nell’era elettrica, gli uomini sono tornati, psichicamente e socialmente, a condizioni di nomadi. Solo che adesso si parla di raccolta di informazioni e di elaborazione di dati. Ma è un fatto universale, che ignora e supera la forma della città la quale appare di conseguenza parecchio antiquata. Con la tecnologia elettrica istantanea, il mondo non può più essere altro che un villaggio, e la città stessa, come forma di dimensioni maggiori, deve inevitabilmente svanire come in una dissolvenza cinematografica” (McLuhan Marshall, in Tursi Antonio, Internet e il Barocco, pag.131).
Gli schemi concettuali tradizionalmente utilizzati dall’Europa per rappresentare la città, non esauriscono la complessità delle trasformazioni in atto. Al concetto di città industriale, intesa come agglomerato geograficamente delimitato, in grado di contenere e rappresentare al suo interno tutte le dimensioni urbane – di governo, di produzione, di servizio, di struttura sociale e istituzionale, di lavoro intellettuale, di innovazione – si sostituisce il concetto, più immateriale, di città come nodo di reti di relazioni. In un’economia dove gran parte degli scambi: dai flussi di capitali, al lavoro, ai prodotti, alla gestione, si attuano ad una scala territoriale molto vasta, le possibilità di crescita dei sistemi urbani dipendono dalla loro capacità di entrare nei processi di ridistribuzione delle risorse a livello internazionale.
Ovvero, la possibilità di innescare nuovi processi di sviluppo dipende più dai sistemi di reti e dalla varietà di interrelazioni che i sistemi urbani sono in grado di innescare, che da quelle che erano considerate le risorse vitali per la crescita delle città: dimensione, densità e alto livello di concentrazione di servizi e infrastrutture. Pertanto l’obiettivo di integrare produzione e consumo ad una scala territoriale molto vasta, di livello sovranazionale, è una strategia interessante per i sistemi urbani, che implica la formazione di nuove gerarchie dove nei ranghi più elevati si collocano le città mondiali, globali, sedi del grande capitale finanziario, che offrono elevati livelli di interazione e un’alta concentrazione di funzioni di controllo e strategiche, mentre la posizione delle altre città dipende dal loro grado e capacità di entravi in relazione.
Saggio tratto da Extended Mind. Viaggio, comunicazione, moda, città, a cura di Carlotta Petracci, anno 2006. Riflessioni sullo spazio tra realtà, media e virtualità. Parte III.