Abbiamo un territorio nuovo, un luogo dove sapere e vita sperimentano percorsi diversi e inscindibili; un luogo in cui si fa esperienza di una nuova realtà: universale, connettiva, condivisibile; in cui si creano nuovi linguaggi: connettività, ipermedialità, interattività; si negozia il passaggio o si intrecciano soggettività vecchie e nuove: imprese, individui, figure mediali, soggetti informativi, forme tecnologiche e postumane. Si tratta dei media-mondo, come acquisizione evoluta della deriva mediale, della sua imprevedibile trasformazione: discontinua, contingente, complessa e in grado di far registrare il mutamento antropologico e sociale della comunicazione, dall’oralità fino agli orizzonti delle nuove tecnologie, in cui essa può essere osservata e abitata in quanto “luogo” e in cui pure si possono discutere e vivere le conseguenze. Parlare della comunicazione come “luogo” significa svelare una traiettoria evolutiva che la vede svicolarsi sempre più dalle particolarità e dalle fattispecie concrete per diventare realtà autonoma in cui centrali sono: il carattere evenemenziale dell’informazione e il mutamento paradigmatico di società, mondo e soggettività. Che incorporando dosi crescenti di contingenza, vengono definiti da transitorietà, virtualità, performatività.
Per cui si può dire che la comunicazione mediata tecnologicamente non solo rielabori cosa sia la comunicazione stessa ma comporti un’immersione sempre più profonda entro un mood tecnologico che, trasformando le modalità di indagine, comprensione e azione della realtà, permette nuove opportunità, come: pratiche soggettive di riappropriazione territoriale; generazione di nuovi spazi di negoziazione; produzione di nuovi contesti e comunità; forme di mobilitazione e creazione di nuovi legami a distanza; prassi socio-politiche delocalizzate. Di qui la rinnovata potenza esplicativa del concetto di moltitudine, come precondizione dell’essere sociale e la sua connessione con i mutamenti richiamati da postmodernità e globalità, tra cui: passaggio dal fordismo al postfordismo; rinnovata relazione tra tempo libero e tempo del lavoro; primato del consumo rispetto alla produzione; centralità della cultura del consumo, con le sue nuove forme di espressività, socializzazione, comportamenti di aggregazione-disgregazione e nuove strategie di rielaborazione del senso, e territori mediali che, rivisitati dalla sensibilità delle nuove tecnologie, strutturano nuove forme comunicative e di azione in cui alla dimensione singolare e di personalizzazione si accompagnano: pluralità, linguaggi molti-molti e logiche collettive post-massa.
Mostrando la dissoluzione della versione ideologica di comunità fondata su tradizione e legami sociali materiali e di territorialità a favore di legami connettivi e immateriali che si articolano sulla base delle possibilità di rielaborazione dei vincoli spazio-temporali e di quelli materiali, dando luogo a forme partecipative dal basso o neo-post-comunitarie virtuali. La cui peculiarità non sta tanto nell’astrazione quanto nella dimensione dell’altrimenti possibile e nell’interiorizzazione del principio di regolazione della società digitale, per cui autocontrollo, autoregolazione, autodisciplinamento e autoproduzione divengono inscindibili. Alla luce di ciò le ricadute identitarie, tanto per il soggetto quanto per le comunità, non sono di poco conto, in particolare se si considerano le possibilità offerte dalla rete e dai nuovi media che consentono agli utenti di muoversi in ambienti comunicativi diversificati, ambienti virtuali, computer games, internet, mettendo in gioco se stessi e sperimentando liberamente la moltiplicazione del sé attraverso avatar e varie forme di presenza e relazione.
Nel momento in cui le vite diventano digitali è possibile la mimesi del virtuale, non più intesa come distinzione tra reale e irreale ma come modalità potente e feconda di realizzazione del reale, che lungi dall’essere definito prende forma attraverso una volontà espressiva tecnologicamente orientata. Come ricorda Martin Heidegger “l’essenza della tecnologia non è affatto tecnologica” (Cluster, n.6, 2006); ossia la tecnologia non è un manufatto o il rapporto che comporta, ma piuttosto manufatto e rapporto sono il risultato di un particolare modo tecnologico di vedere, essere e comportarsi nel e nei confronti del mondo. Per intendere questo modo tecnologico, e con esso le performance dell’essere e dell’identità, occorre mettere in luce la sua alterità costitutiva, da intendersi come coincidenza tra libertà di essere se stessi e libertà di diventare qualcun altro o qualcos’altro, aprendo il sé alla molteplicità dei punti di vista che si intersecano e possono essere assunti in un determinato spazio. Ciò comporta uno sconfinamento tra esperienza diretta ed esperienza mediata, che struttura una conoscenza sempre più indiretta realtà, suggerendo la creazione di realtà altre. Da intendersi non in quanto luoghi che possono essere visitati attraverso i media ma come spazi di socializzazione all’interno dei media stessi, in cui si è a partire dalla costituzione di interfacce informatiche.
Si parla dei Mondi Attivi, mondi 3D, come Second Life o There.com, nei quali le comunità elettroniche si costituiscono e gli avatar vivono, e in cui circolano oggetti e soggetti informativi: cioè dati digitali che si muovono nello spazio elettronico globale al di là e oltre i confini materiali e culturali. All’interno di questi territori di gioco è il corpo fisico ad essere escluso e con esso la riconoscibilità somatica e la conseguente interpretazione di appartenenza comunitaria o etnica, a favore della costituzione di interfacce disegnate, figure, apparenze che svelano interiorità, desideri e conoscenze, aprendo alla possibilità di altre forme di condivisione che possono dipendere dalla fascino della maschera quanto dal luogo abitato e dalla comunione di interessi. In tal caso l’identità viene problematizzata a partire dall’alterità, che non si qualifica più semplicemente come rappresentazione della differenza culturale ma come elemento costitutivo del sé, “che lo informa e lo struttura a livello ontologico fondamentale” (Ricoeur Paul, in Mascio Antonella, in Franci Giovanna, Muzzarelli Maria Giuseppina, Il Vestito dell’Altro, pag.54). Per cui alterità intesa come condizione costitutiva dell’ipseità: “Sé come un altro (che) suggerisce fin dall’inizio che l’ipseità del se stesso implica l’alterità ad un grado così intimo che l’una non si lascia pensare senza l’altra, che l’una passa piuttosto nell’altra […] Al “come” vorremmo annettere la significazione forte, legata non soltanto ad una comparazione – se stesso somigliante a un altro -, ma ad una implicanza: sé in quanto […] altro” (ibid:, pag.54).
Altro in quanto parte, porzione, frammento di un sé non identico, bensì plurale, in divenire, metamorfico e non più rappresentabile solo attraverso il corpo o il corpo vestito e rigidamente codificato, ma anche attraverso simulacri. Corpi fatti di dati, corpi-schermi, corpi-interfacce (avatar, intelligenze artificiali, soggetti informativi, figure, inserzioni, siti web, nickname, virus), bodyscape; fluidi, estesi, disseminati all’interno di uno spazio techno-sociale, intrecciato, multimediale e soprattutto costituito dalla produzione del codice informatico. Uno spazio sociale che comporta una perdita del classico “senso del luogo” e conduce a pensare identità e alterità come concetti relativi e non stabiliti una volta per tutte. Se si considera la complessità esperienziale del quotidiano, ci si accorge che gli individui tengono insieme identità di gruppo sovrapposte e appartenenze che si strutturano a partire non solo da chi si è ma anche da dove si è e con chi (Meyrowitz Joshua, Oltre il Senso del Luogo, pag.89-90). Ciò a partire dal fatto che i media elettronici consentono di sganciare lo spazio dal luogo, originando nuove modalità di conoscenza e consentendo promiscuità geografica, esperienze delocalizzate e geografie situazionali, che determinano ruoli confusi e comportamenti da spazio intermedio: ossia in cui diventa difficile la distinzione tra scena e retroscena; in cui è lo stesso concetto di scena a cambiare, acquisendo una valenza nebulare.
Saggio tratto da Extended Mind. Viaggio, comunicazione, moda, città, a cura di Carlotta Petracci, anno 2006.