A Conversation Piece a Transmediale a Berlino, quest’anno abbiamo incontrato la visual artist israeliana Alona Rodeh e abbiamo chiacchierato con lei a proposito della sua esibizione con il musicista di Tel Aviv Mule Driver, un approfondimento cross-disciplinare sull’utilizzo degli allarmi nella musica e negli spazi pubblici. Dal reggae alla dance, dall’hip hop alla techno, l’utilizzo di vari tipi di sirene ha tracciato un immaginario sonoro composito e sperimentale, che dalle avanguardie artistiche è approdato alla strada, configurandosi come il rumore della modernità.
V: Fear of Silence: a brief history of the Air-Raid Siren è contemporaneamente una ricerca e una perfomance. Come nasce questa speculazione sulle sirene?
AR: È da un po’ di tempo che studio l’argomento e utilizzo le sirene in ambito artistico. L’ultima volta è stato per un progetto in un museo dove avevo installato alcuni speaker che ogni 15 minuti suonavano come un allarme che poi virava in musica elettronica. Quando sono stata invitata a Conversation Piece a Transmediale ho pensato che fosse un’ottima opportunità per approfondire l’argomento e il lavoro si è evoluto in una ricerca cross-disciplinare, dove ho affrontato diversi aspetti degli allarmi e della loro storia: dal lato tecnico a quello della produzione industriale e, successivamente, l’utilizzo nella musica. Perché le sirene sono molto presenti sia nella musica pop e hip hop, sia nella club culture.
V: Il suono delle sirene scatena sentimenti ambivalenti: da un lato uno stato di allarme e paura, dall’altro un fascino estremo. Che cosa ne pensi?
AR: Penso che il fascino del suono delle sirene stia prima di tutto nella sua storia. Viene dalla scienza, dalla ricerca in ambito fisico e matematico, poi per via del suo carattere acuto ha avuto un’applicazione nel campo dell’emergenza, diventando parte del suo immaginario. Successivamente è approdato alla musica, da quella industriale al noise, al rock e all’hip hop, dove senza dubbio il suo impiego è stato più ricorrente. E non sono mancate neanche le sperimentazioni. Credo che la sua persistenza faccia parte di questo rapporto ambivalente di amore e odio.
V: Potresti farmi qualche esempio di utilizzo in ambito musicale?
AR: Tutto parte dalle sperimentazioni degli Anni Venti dei Futuristi e del movimento Dada. In Russia, le sirene rappresentavano il rumore della modernità perché iniziavano a essere usate nella guerra tanto quanto nel mondo industriale. La speculazione iniziale però aveva un carattere culturale, che è cambiato nel momento in cui la storia delle sirene ha incrociato quella dell’hip hop più politico, come nel caso degli Arrested Development o del Wu-Tang Clan, che portando avanti istanze legate all’identità afroamericana hanno contribuito a caricare il loro utilizzo di una valenza simbolica. Lo stesso si può dire per il gangsta rap: le sirene fanno parte di quell’universo, costituito da situazioni, personaggi e rumori, che è la strada.
V: Quali sono le tipologie più diffuse?
AR: Gli allarmi più vecchi, come le sirene antiaereo, sono quelli che hanno la frequenza più bassa e vengono ancora impiegati in guerra. Poi ci sono le sirene dei veicoli di emergenza, che sono quelle con la frequenza più alta e poi c’è il settore privato, della sorveglianza. A partire dal 2000 c’è stato un loro sovra utilizzo che ha portato a saturazione. Quindi, se inizialmente il loro significato era riconducibile al pericolo, ora viene interpretato più semplicemente come rumore.
V: Che tipo di interazione e relazione artistica c’è stata tra te e il musicista di Tel Aviv Mule Driver?
AR: Lui è stato nell’esercito, quindi la sua memoria delle sirene è molto legata alla militarizzazione e alla guerra più che al settore dei servizi. Entrambi siamo israeliani e non è un caso che una delle riflessioni che ci ha impegnato di più sia stata quella sulla Guerra del Golfo, che abbiamo analizzato retrospettivamente guardando moltissimo materiale in televisione e su YouTube.
V: Se ascolti il suono delle sirene a occhi chiusi cosa vedi?
AR: Assolutamente nulla e non sono interessata a raccontare altro rispetto alle relazioni visive instaurate da questo suono. Nella perfomance spengo tutte le luci proprio perché credo che l’esperienza debba riguardare solo l’ascolto, con tutte le emozioni che questo attiva. Dall’attenzione al nervosismo, dall’ansia alla tranquillità, perché per esempio le sirene antiaereo, che sono quelle meno isteriche come rumore, per me sono addirittura rilassanti.