Fare coming out sulla propria sieropositività e scoprire dopo anni di dolore che c’è ancora tempo per amare.
Le macchine sfrecciano nel corso. L’aria è calda. Un ottobre così non si era mai visto, con alberi e prati ancora in fiore. Eh sì. Nulla va dato per scontato, neppure le stagioni. Un colpo di tosse mi fa tornare in me. “Mhh mhh. Voglio essere onesto, ho deciso di rilasciare questa intervista, perché…” la voce è ancora un sottofondo ai miei pensieri, “Perché voglio abbattere il muro”, scrivo a caratteri cubitali sul quaderno la parola MUUUROO. “Sì, voglio abbattere il muro del silenzio”. STOP. Riavvolgimento rapido. Si torna indietro. “I miei ventisei anni sono stati fuori dal comune. Quando ho scoperto di essere sieropositivo, mi sono sentito terribilmente vecchio. Perdevo gli amici uno a uno, li accompagnavo a morire. Ero certo che non sarei arrivato ai quarant’anni”. Tutto d’un tratto le parole mi stonano. Ho una stretta allo stomaco. Mi prende la nausea, una vertigine. Per fortuna dura solo pochi secondi. “Si certo, capisco”. Torno in me, con una frase banale. Mentre lui ricomincia daccapo.
“Buongiorno a tutti, sono Stefano Patrucco e sono sieropositivo”. Quante volte avrà pronunciato questa frase. Parole come queste non possono uscire così. Senza pianto o groppo in gola. Si vede anche nei film. Ci sono sempre questi gruppi di ascolto dove le persone si mettono a nudo. Dove si guadagna il coraggio di cambiare vita. Non ci avevo mai pensato seriamente prima d’ora. “Per me, prima della sieropositività, il grande salto nel vuoto è stata l’omosessualità. Ricordo come fosse ieri, il mio sofferto coming out. Sono nato in una famiglia borghese, a Ivrea. Mio padre lavorava per l’Olivetti. Non si parlava molto. Per me ogni giornata era il tassello di un turbamento crescente. Se non avessi letto ‘Ballo di famiglia’, se non avessi desiderato fortemente congiungermi a quel mondo, in cui l’omosessualità era vissuta in maniera così libera e vera. Il silenzio mi avrebbe ucciso”. Appoggio la penna sul tavolo. Questa rivelazione mi sconvolge. Com’è possibile? In tutte le storie sempre lo stesso velo di tristezza.
https://www.youtube.com/watch?v=RIDVfJNl9R4
“Sì, per me è stato difficile confessare di essere omosessuale. Accettare in prima persona che questa diversità era parte della mia identità di giovane uomo. Pochi anni dopo, sieropositivo”. Per comprendere divago. Cerco qualche appiglio nei manifesti attaccati alle pareti. Campagne sulla prevenzione, fogli ammonticchiati, numeri di telefono sparsi in ogni dove, segni tangibili della vivacità e dell’operosità con cui si lavora all’associazione. Riattacco il registratore. “Per me l’omosessualità è stato un momento di affermazione, mentre la sieropositività una richiesta d’aiuto. Seguita a un grande tradimento”. Salto in avanti. La fiducia. Un dettaglio da approfondire. Siamo sulla porta, Stefano mi guarda come se fosse un padre. “Con l’associazione Arcobaleno Aids facciamo spesso iniziative legate alla salute, puoi venirci a trovare se vuoi. Se non hai mai fatto il test potrebbe essere una buona occasione”. Stupidamente un brivido mi percorre tutto il corpo. HIV. Ma va, sicuramente sto bene. Nel kit promozionale trovo un preservativo. STOP. Si torna indietro. Luci colorate, trombette e cappellini.
https://www.youtube.com/watch?v=mr004UoWbCU
La mente certe volte gioca brutti scherzi, fa un po’ con quel che trova e si fa quadrare le parole. “Sai, pochi giorni fa è stato il ‘mio compleanno’. (sorride). Ho festeggiato i miei primi vent’anni da sieropositivo. Non ci posso ancora credere. È una sensazione nuova, ma sono contento. Di essere qui, vivo, ancora in grado di amare e di essere amato. L’ho festeggiato col mio compagno, sai lui non è sieropositivo. Stiamo assieme da diciassette anni e mezzo…”. Un lampo di gioia percorre il suo viso. È autentico. Davvero non ci aveva mai pensato. Mai più, da quella volta. “Per me fu un enorme tradimento. Mi aveva giurato di aver fatto il test. Non era un rapporto occasionale e mi sono fidato. È bastato questo. E la mia vita è cambiata, mi sono ritrovato con un ospite sgradito che non mi ha più lasciato”. Soffia il vento, mi rabbuio e anche il cielo si addolora. Rimango in apnea. Ma Stefano mi tira via. Abbassa lo sguardo fino a incontrare il mio. Non c’è bisogno di parole. Basta l’empatia.
Intervista tratta dal magazine Clash or Dialogue? parte del più ampio progetto realizzato in occasione della XV Conferenza Ilga-Europe che si è tenuta a Torino nel 2011.