Il lavoro di racconto ricorsivo che l’America fa di se stessa non tralascia zone buie e lati oscuri, restituendoci l’affresco di un continente che della narrazione ha fatto uno stato dell’Essere. La verità del resto gode della contraddizione, perché solo in questo modo può essere reale, ovvero può ambire ad una rappresentazione fedele dell’essere umani. Così The Report, primo lungometraggio di Scott Z. Burns, dal 29 novembre su Amazon Prime Video, si pone in continuità con quel filone cinematografico d’inchiesta e di denuncia che dagli Anni Settanta percorre le fila della New Hollywood quanto dell’ala democratica. Lo fa però risentendo dell’influenza di Steven Soderbergh di cui Burns ha firmato più di una sceneggiatura, compreso l’ultimo The Laundromat in concorso alla 76ma Mostra Internazionale d’arte cinematografica di Venezia, e con una freddezza e un un rigore tipicamente contemporanei, ispirati da un ritorno alla ribalta del procedural, grazie soprattutto alla serialità.
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Adam Driver è Daniel J. Jones, membro del comitato d’investigazione e dello staff della senatrice democratica Dianne Feinstein, interpretata da Annette Bening. Il rapporto del titolo riguarda il caso che Jones si trova ad affrontare: far emergere e portare all’attenzione pubblica i soprusi perpetrati dalla CIA, tra metodi di prigionia e interrogatori che violano i diritti umani, nei confronti dei terroristi di Al Qaeda dopo l’11 settembre 2001. La politica statunitense è al banco degli imputati, mentre Jones sepolto tra i documenti, in uno scantinato mal illuminato, simbolo e metafora della sua discesa in un inferno che non produce testimonianze da parte dei cosiddetti “nemici” dell’ordine e della nazione americana, raccoglie e analizza più di 7000 pagine che inchiodano la CIA, sotto l’amministrazione Bush, rinunciando per sette anni alla propria vita che, anche da un punto di vista narrativo, rimane fuori dalla storia e dalla camera.
Il risultato è un thriller minuzioso, che procede implacabile verso l’esito finale, ritraendo un eroe integerrimo, totalmente devoto alla causa, e mostrando in alcuni selezionati flashback, con estremo realismo, le torture subite dai detenuti. L’effetto è quello che, ad anni di distanza, continua a distinguere l’11 settembre nell’immaginario collettivo, rispetto ad altri fatti di attualità: poter toccare con mano una realtà scomoda, mediata e lontana. Vivere quella partecipazione mista a distacco, che uno degli eventi più tragici della Storia recente ha portato con sé. The Report con la sua ferrea moralità, delinea uno scenario da realpolitik, dove non si teme di offuscare la credibilità della CIA. Dove la macchina spettacolare americana raggiunge vette molto alte, promuovendo una critica dall’interno, impedendo in questo modo qualsiasi altro atto d’accusa, che fuoriesca dalle sue “aule di tribunale”. Quelle che, attraverso lo streaming, diventano una verità e un’arena competitiva globale.