Dopo una serie di eventi tragici che hanno interessato Stati Uniti e Europa, nel mondo delle riviste indipendenti nasce Bidoun: un progetto a metà strada tra un giornale accademico e una fanzine, che promuove nuovi sguardi sul Medio Oriente a partire dalle comunità diasporiche che, migrate in altri contesti, risentono profondamente della visione bidimensionale che gli viene assegnata: petrolio, ricchezza smodata,  integralismo, guerra santa. Bidoun identifica la condizione problematica di statelessness, ovvero della perdita del territorio, che contraddistingue l’esistenza contemporanea dei molti e che sfida la costituzione di rappresentazioni immobili a partire dalla fluidità geografica del corpo mobile e dalla volontà di creare un nuovo territorio caratterizzato da una “collezione di voci”, nel tentativo di mappare più approfonditamente questioni di natura culturale, politica e sociale. Al suo interno coagula quelle che Arjun Appadurai definisce “sfere pubbliche diasporiche” e focalizza sui temi dell’erranza e della perdita, della pressione ideologica del consumo, della guerra delle immagini, della stilizzazione culturale operata dal turismo e dalla musica pop.

 

https://www.youtube.com/watch?v=-ilXc0j1iHA

 

Quest’ultima letta più come manovra di marketing che genuina fusione, viene ritenuta responsabile della diffusione di nuove forme di Orientalismo, che promanano dai centri della world music o del music business – New York, Londra, Los Angeles – luoghi in cui contrasti culturali, sperimentazioni e mix etnici si configurano come riserve di valore per l’apertura verso nuove idee e mercati. Allo stesso tempo, proprio la loro intrinseca natura globale, li pone in relazione con altri contesti dove altri attori si muovono o fanno partire dialoghi a distanza con comunità delocalizzate. È il caso ad esempio di Punjabi MC che, indiano d’origine trapiantato negli UK, si lascia contaminare dalle sonorità europee, avviandosi verso la produzione di una musica che si dimostra meno interessante per gli asiatici ma che promuove mutazioni del gusto; o di M.I.A., originaria dello Sri Lanka residente a Londra, la cui fusione di breakbeats, dancehall, hip hop e brazilian baile funk ha rappresentato un vero e proprio terremoto sonoro, figlio di una commistione crossculturale connessa al transito tra le scene di New York, Rio de Janeiro e Colombo.

 

https://www.youtube.com/watch?v=aicpk_9HAAQ&list=PL64F380B723C7BDE4&index=9

 

Da queste considerazioni emerge la necessità di cautela nel maneggiare etichette e distinzioni, nel definire poteri e privilegiare solo alcune traiettorie delle contaminazioni, in un mondo in cui le culture sono disseminate e le menti abili nel maneggiare attualità, storie e ricordi, nel problematizzare e rivalutare le identità sul fronte internazionale. Rientra in questo processo l’operazione promossa dalla AK Comics con sede a Il Cairo, che attraverso la diffusione della cultura dei supereroi tenta di introdurre nuovi modelli e visioni in tutto il Medio Oriente con lo scopo di mutare percezione interna e esterna del territorio e di chi lo abita. La loro mission recita: “stiamo presentando al mondo intero una forte e ottimistica visione per un futuro Middle East, senza guerra, violenza e disordine …[i nostri] eroi sono predestinati a diventare ambasciatori globali, che diffondono pace e benessere, creando una più ottimistica e positiva immagine della più turbolenta e incompresa regione del mondo, il Medio Oriente. Crediamo che se il nostro progetto avrà successo potrà servire anche da riflessione sulle buone intenzioni della razza umana, e il suo genuino amore per la pace e la prosperità” (34, Superhero Chic, n.7, 05-06). Si tratta di affermazioni che aprono la strada a molti discorsi e interrogativi, che intrecciano nuove sensibilità verso la pop culture, il desiderio di ribaltamento di processi di labelling, la presentazione di un nuovo paesaggio mediale in cui il quotidiano si mescola all’immaginario. Siamo di fronte a un complesso intreccio di poteri che vivono di reciproche influenze e utilizzano i territori come riserva di senso e immaginifica per scrivere nuove pagine della propria vita, storia e identità sempre più media mixed.

 

Saggio tratto da Extended Mind. Viaggio, comunicazione, moda, città, a cura di Carlotta Petracci, anno 2006.