Lo skate è tornato. Lo skate c’è sempre stato. White e Wu Magazine si sono messe assieme per dare vita a W2. Il linguaggio che abbiamo scelto è quello video, attraverso cui ogni mese racconteremo una storia diversa. Iniziamo dallo skate a Torino. I colori sono solo il bianco e il nero.
Frullatori e tavole a rotelle. Inizia così la prima stagione di Blender, serie prodotta dalla nuova web Tv W2, nata dalla collaborazione tra White e Wu Magazine, in onda a partire da maggio. Un nuovo format che raccoglie e ridistilla mode e storie attraverso docu-interviste che raccontano culture e controculture, esperienze e passioni, di come a volte possano trasformarsi in stili di vita. Blender ripropone nel taglio editoriale e nel montaggio quel tipico gusto onnivoro che contraddistingue la contemporaneità. Il bisogno di consumare e incrociare contenuti porta a prendere in considerazione strade diverse per raccontarli.
Le storie di Blender si prestano ad essere divulgate attraverso il linguaggio visuale, adatto a catturare la loro essenza. La creazione non passa esclusivamente dalla produzione di nuovo content, ma anche riprendendo e rielaborando ciò che è stato prodotto in passato sui più svariati formati. Dai video alle fanzine, dalle pubblicità ai manifesti, spezzoni di film, videoclip, tutti i contenuti visivi vengono ricercati e montati insieme per ottenere un andamento polifonico, un linguaggio serrato, vivo, meno narrativo, capace di raccontare personaggi, ambienti, culture e contesti. Un’eredità senza dubbio della multicanalità del web, della convergenza e di quella cultura visiva che, dalla televisione in avanti, ha spinto di più sull’acceleratore dello storytelling per frammenti, facendo leva sull’aspetto emotivo del narrare. Siamo tutti parte di una grande comunità, indaffarata nel guardare, postare, ribloggare, smistare immagini e informazioni provenienti da più fonti.
A raccontarsi sono vecchi e nuovi makers, singoli e gruppi che si sono raccolti intorno a un comune sentire o a un’idea. Le scene, che si sono sviluppate “sotto”, “contro”, dentro e parallelamente alla cultura mainstream trovano largo spazio, per tessere le lodi al desiderio di esistere di quelle visioni alternative che hanno contribuito, ieri come oggi, a formare gli immaginari e gli stili di vita. Tribù, “bande” e crew sono le protagoniste, che ci raccontano da un punto di vista sotterraneo e decentrato la loro storia, tra alterne vicende di costume e moda. “Lo skate non è una moda, è un’addiction”. A parlare è Gianpaolo Zampicinini, conosciuto come Zampa, fondatore insieme a Paolo Nelzi della Graw, uno dei marchi di tavole che ha fatto la storia dello skate in Italia. E ancora: “Lo skate non è tornato. Lo skate c’è sempre stato”. È questa la morale del nostro primo episodio, in un periodo tutto skate old school e longboard. Le memorie vanno a Odeon, il rotocalco d’informazione e spettacolo trasmesso su Rai 2 alla fine degli Anni Settanta, il primo a mandare in onda lo skate insieme ad altre mode giovanili.
“Agli occhi della società sembrava un grande gioco, ma divenne presto una cosa seria”, riprende Paolo Nelzi. “Erano gli albori, lo skate visse da subito nel nostro paese un’esplosione di interesse e un abbandono. Tornò alla fine degli Anni Ottanta sulla cresta dell’onda, ma noi non abbiamo mai smesso. Non avevamo internet e i video. Immaginavamo tutto. Bastava una foto scovata su qualche magazine d’oltreoceano ed eravamo già in strada a sperimentare nuovi trick. Nessuno ci ha insegnato nulla”. Questo era lo skate dei pionieri, a tutti gli effetti innovatori, con le loro tavole costruite in strada, i negozi di giocattoli e le cantine “orrorifiche” dell’Hotel Nazionale di Torino, lo storico hotel comando delle SS dove Dario Argento ambientò alcune scene di Profondo Rosso. E poi di quella che fu la Graw, la prima azienda italiana a produrre skate e a portare rampe in città. Una parola tratta da dialetto piemontese, che può essere tradotta come “grezzo ma funzionale” , essenziale, autentico, schietto. Proprio come lo spirito delle origini.
Articolo pubblicato su Wu Magazine, issue 26.