L’11 novembre Triennale Milano si è trasformata in un grande palcoscenico dove la reinvenzione delle culture popolari non è stata un vero e proprio sradicamento, cioè un allontanamento dal loro contesto naturale e originario, ma una ricollocazione in uno spazio dedicato all’Arte. Voci dal Mondo Reale la perfomance a cura del compositore e musicista francese Alexis Paul e dell’artista e coreografo (anche se quest’ultima definizione è impropria, per via dell’eclettismo del lavoro di ricerca, sempre al confine tra differenti arti perfomative) Alessandro Sciarroni, e pensata in dialogo con Fondation Cartier, ci ha permesso di conoscere interpreti e autori di cori folkloristici provenienti da diversi paesi, tra il Caucaso e l’Atlantico, o che si distendono intorno al Mar Mediterraneo e al Mar Nero. Un’esperienza a tratti estatica e in altri momenti apertamente in conflitto (in senso positivo) con il movimento del pubblico, che come in un happening li avvolgeva, tra ordine e disordine. Per l’occasione abbiamo intervistato i suoi due curatori.
Il titolo del progetto è Voci dal Mondo Reale. Che cos’è il Reale?
Alexis Paul: Il concetto di Reale a cui abbiamo fatto riferimento nella perfomance si riallaccia prima di tutto alla mostra curata da Fondation Cartier che affronta i temi della dimensione mistica della Natura, ricordandoci cosa abbiamo perduto in nome della contemporaneità. Fa riferimento a un mondo che abbiamo dimenticato e che la vita moderna ci nasconde, ma che esiste. Quindi nel caso delle voci si intendono anche le tradizioni, oppure delle culture popolari specifiche. Quando dobbiamo immaginare il futuro spesso ci poniamo in ascolto del passato per meglio comprendere la direzione da intraprendere. Questo è uno dei concetti di Reale a cui ci siamo richiamati, l’altro riguarda la connessione con la Natura, ovvero la voce interpretata come il primo strumento che l’essere umano ha a disposizione per imitare appunto la Natura, come il suono degli uccelli.
Che cosa vedremo stasera? Potete darmi qualche dritta per interpretare meglio la perfomance?
Alessandro Sciarroni: La perfomance avrà luogo nei tre piani della Triennale: il Teatro, il piano terra e il primo piano. Il teatro sarà occupato da due cori, entrambi italiani, di cui uno ripoterà alla luce le tradizioni delle montagne e il repertorio sarà più recente, come nel caso di Signore delle Cime, che è una canto-preghiera di ispirazione popolare della metà del secolo scorso. Si alterneranno anche i Piccoli Cantori della Brianza, che è un coro composto da adolescenti e bambini, con un repertorio che andrà da composizioni gregoriane a brani più recenti come Dolce sentire, che è presente nel film di Franco Zeffirelli Fratello Sole, sorella Luna. Negli altri due piani gli altri cori si muoveranno nelle diverse stanze che abbiamo scelto. Ci sarà un momento di inizio e di fine dove tutti gli artisti saranno insieme.
Alexis Paul: Aggiungo qualcosa alle parole di Alessandro. I cori che si alterneranno al primo piano porteranno alla luce un repertorio molto antico, alcune canzoni non hanno data e di altre non conosciamo il nome del compositore. Ritengo che questo aspetto sia molto importante per sottolineare la trasmissione orale di queste culture e delle loro cosmogonie.
Come avete scelto i canti?
Alexis Paul: Abbiamo discusso a lungo su come scegliere i cori, perché tutte le nazioni hanno delle culture popolari e folkloristiche. Ovviamente abbiamo privilegiato l’Italia, perché l’evento ha luogo in questo paese. Poi abbiamo scelto il Caucaso perché è un territorio dove è molto diffusa la musica polifonica. Da lì fino all’Oceano Atlantico. Quindi l’area principale di interesse è quella intorno al Mediterraneo ma anche al Mar Nero. Dalle montagne al mare.
Come siete venuti a conoscenza di queste composizioni?
Alexis Paul: Ho cominciato cinque anni fa ad interessarmi di strumenti folkloristici europei e a viaggiare in diversi paesi, con lo scopo di rinnovare alcune tradizioni e repertori. Quindi ho incontrato molti cantanti e musicisti, e ho scelto per la perfomance quelli che ho conosciuto e amato di più, in questo lungo tour che mi ha portato a diverse latitudini.
Come è stata combinata la parte canora con quella coreografica?
Alessandro Sciarroni: Non è stato facile creare una coreografia per un coro, prima di tutto perché il focus principale è la voce, che è ciò che viaggia nel tempo e nello spazio. Quindi il mio lavoro non si è concentrato sulla coreografia degli artisti, anche perché sono artisti e non perfomer. Ogni gruppo porta in scena un repertorio conosciuto, ma allo stesso tempo sono anche autori. Facendo un parallelismo è come se avessi lavorato con un gruppo di compagnie teatrali, non avrei mai interferito con il loro sistema di relazioni o non sarei mai intervenuto nelle loro coreografie. Quindi mi sono concentrato più sull’immaginare come l’intero evento sarebbe potuto funzionare in uno spazio come quello della Triennale e come il pubblico si sarebbe dovuto muovere. Naturalmente l’intero processo è stato collaborativo e dialogico, sia con Alexis sia con Fondation Cartier.