Da Walter a Mara, in transito verso una nuova identità. Confessioni di una donna annunciata.
Uomini che amano le donne. Donne che amano gli uomini. Il fumo sale nell’attesa. Riflessioni estemporanee. Flash de La pelle che abito, di Pedro Almodóvar. Paradigmatica, io e la citazione. Se non altro per la prima volta ho capito che effetto fa stare nel corpo sbagliato. Eccola. Spengo la cicca, Mara è arrivata. Due passi nella Torino affollata del venerdì sera. Entriamo a Las Rosas. Birra e tacos. Qualche smanceria per rompere il ghiaccio. Sguardi interrogativi e divertiti al nostro tavolino. Inizia la serata.
Mara: Sai che sei proprio bella?
Carlotta: (fingo timidezza e imbarazzo).
M: Sì, mi piacerebbe molto essere come te. Come tutte le donne belle.
C: (l’imbarazzo non mi abbandona).
M: Sai che una volta, ero in discoteca a fare la drag. All’uscita del club, ancora tutta trafelata e mezza struccata, col tacco dodici in mano, ho incontrato una ragazza. Mora, bellissima. Mentre aspettavamo lei mi ha guardata e mi ha detto: “Sai che sei proprio bello?”. È bastata un’occhiata e mi ha sedotto. Abbiamo iniziato a baciarci. E tra gli sguardi attoniti di quelli che pensavano: “Ma guarda te, la drag. Si fa pure la bella della festa”, io ho capito qualcosa in più sulla mia identità.
C: Ovvero?
M: Ho capito che non mi stava succedendo niente e che volevo essere una donna.
C: Donna? Di che tipo?
M: Ancora non lo so. Non sono neppure realmente in transizione. Sto andando da una psicologa e sto aspettando le tre sedute con la psichiatra. Sono in attesa di essere dichiarata “pazza” per lo Stato, per poter cominciare la terapia ormonale. Mia madre pochi mesi fa, mentre ero davanti allo specchio, si è lasciata sfuggire una mezza frase di disapprovazione, forse di preoccupazione. Mi ha detto: “Perché ti vuoi rovinare, sei un così bel ragazzo”.
C: Raccontami del tuo voler essere una donna.
M: In realtà, io non voglio essere donna. Non potrò mai essere donna. Voglio solo adattare il mio corpo. Perché è più facile cambiare un corpo che un’identità. Io mi sono sempre vista e pensata al femminile e mi innervosisce quando gli altri vedono in me un uomo. Sono cresciuta tra uomini, ho un gemello omozigote, un fratello più grande, un padre che ha sempre lavorato nell’edilizia e sono andata in scuole di soli maschi. Non ho avuto un’educazione femminile, ma ho sempre cercato di esprimermi liberamente. Voglio essere libera e autentica: come uomo, come donna, come entrambi o nessuno dei due. Voglio cambiare il mio corpo, per preservare la mia identità.
C: Di quale identità stiamo parlando? Di genere?
M: No, Walter non c’entra per niente!
C: Walter? Chi è scusa?
M: Sono io! Ecco guarda, questa è la mia carta d’identità. Sono un uomo e anche un bel ragazzo. Ma i documenti non dicono mai la verità.
C: La dicono per la società.
M: Probabilmente sì, ma io a sedici anni quando tutti cercavano di nascondere i cambiamenti del proprio corpo, le ragazze comprese, ero già ‘pacchiana’ e me ne andavo in giro coi miei capelli lunghi biondi, gli stivali col tacco e i jeans a vita alta con una cintura strettissima. Volevo che tutti vedessero quant’era sottile la mia vita, quanto potessi essere femminile.
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C: Quindi ti sei sempre accettata. Non hai mai avuto paura degli altri, di cos’avrebbero potuto pensare o non capire?
M: Beh, ciò che siamo non si può nascondere.
C: Dimmi di più.
M: Ti racconto del mio ultimo amore.
C: (sorrido, mentre lei beve un sorso di birra).
M: L’ho conosciuto per caso. In una delle tante serate del mio gruppo al Circolo Maurice. Stava sulla porta con sguardo smarrito. Appena l’ho visto mi sono detta “mi piace”. Voglio sedurlo, voglio essere donna per lui.
C: Continua.
M: In realtà, come avrai capito lui era una lei. Un’altra donna mora bellissima ed era in transizione, proprio come me.
C: Perché una donna bellissima vuole diventare un uomo?
M: Probabilmente perché quel corpo di donna non corrisponde alla sua identità più intima. Perché la bellezza passa, il corpo cambia, mentre l’autenticità la portiamo sempre con noi.
C: Ok, ti seguo.
M: Te la faccio breve. La storia è durata un solo anno. Per me di amore folle. Poi me ne sono andata, perché lui non riusciva ad avere una relazione stabile con una sola persona. Mentre io sono possessiva, a me basta una persona da amare.
C: Capisco. Ma esattamente, quand’è iniziata la relazione?
M: L’avvicinamento non è stato un gioco da ragazzi. Lui sfuggiva e io correvo. Poi c’è stata una sera…(si interrompe).
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C: Dai non tenermi sulle spine!
M: Quella sera è stata speciale, l’avevo raggiunto a casa e aspettato sotto la pioggia per ore. Non poteva finire così. Prima ancora di cominciare. Una volta salito in macchina, tutto divenne chiaro. Io ero cotta e lui turbato. Poi mi prese la mano. Se la mise sul collo e lentamente la fece scendere fino in mezzo alle gambe. Fu allora che con gli occhi gonfi di lacrime mi disse: “Mara, io non posso essere ciò che tu vuoi. Se continuiamo ci facciamo del male”.
C: E tu?
M: Io, che non sono mai stata per i melodrammi, gli ho detto: “E facciamocelo sto male!”
C: E……
M: Abbiamo fatto l’amore tutta la notte.
C: Non vorrei essere invadente ma…
M: Sì, all’apparenza si è trattato di sesso eterosessuale. Uomo io, donna lei. Ma non è stato così in realtà. Io non mi sono mai sentita un uomo facendo l’amore con lei. Come non l’ho mai vista come una donna, quando si toglieva le fasciature dal seno. Solo che l’amore si fa con quel che c’è. È come quando ti si presenta a cena un amico inatteso e tu hai solo patate e riso. Puoi scegliere di uscire o di essere creativa. Gli ingredienti non pregiudicano l’esito della serata!
C: La tua gioia è contagiosa.
M: Io voglio solo innamorarmi. Essere libera e autentica. Voglio che gli altri mi vedano come mi vedo. Senza etichette. Bella.
Intervista tratta dal magazine Clash or Dialogue? parte del più ampio progetto realizzato in occasione della XV Conferenza Ilga-Europe che si è tenuta a Torino nel 2011.